Il nome di Anish Kapoor (1954), scultore britannico di fama internazionale, evoca un silenzio rispettoso e richiede un’attenzione ponderata. Avvicinarsi al suo lavoro richiede una riflessione accurata, consapevoli che ogni tentativo di interpretazione rappresenta un generoso sforzo di comprensione di un sentimento filosofico e di un’espressione estetica che permea le sue opere.
Inizialmente, emerge un “divario” tra la nostra sensibilità e l’aura di metafisica che pervade la sua produzione artistica. L’interplay tra la sua duplice eredità culturale – influenzato sia dalla cultura orientale, avendo un padre indiano e una madre di origine ebrea e irachena, sia dalla sua formazione artistica in Inghilterra – si fa necessario per comprenderne la profondità.
Questo conduce a una “sintesi” non solo tra cultura umanistica e scientifica, ma tra culture orientali e occidentali. Questa prospettiva, seppur audace, offre uno spunto significativo per riflettere sul modo in cui queste due culture interagiscono e si confrontano, delineando differenze nel pensiero, nella percezione dell’individuo e, di conseguenza, nella società, nella religione e nell’approccio alla vita.
Le relazioni internazionali sembrano essere il palcoscenico di una tenzone titanica tra l’orientale “drago” e l’occidentale baldanza, ostacolando un possibile “dialogo” tra le due culture. L’umanità, spesso indifferente alle minacce ecologiche, sembra altrettanto apatica nei confronti delle opportunità derivanti da una collaborazione fruttuosa e reciprocamente vantaggiosa.
Tuttavia, è imperativo cercare una soluzione, se vogliamo evitare di trovarci sull’orlo dell’abisso. In questa impresa, l’arte potrebbe giocare un ruolo fondamentale, forse persino più dei rapporti diplomatici o della politica. Lo hanno creduto ferventemente figure come Dostoevskij, Tolstoj, Sartre e Camus, ognuno con un approccio diverso ma ugualmente significativo. Un nuovo emulo di questa ricerca, apparentemente modesto, emerge dalla contemporaneità: Anish Kapoor.
Kapoor, noto per le sue esposizioni e installazioni in tutto il mondo, presenta la sua arte attraverso una vasta gamma di sfaccettature. Padroneggia la dimensione e la forma degli oggetti artistici, utilizzando materiali e tecniche con maestria, introducendo giochi concettuali e mantenendo un approccio non didascalico. Le sue installazioni spesso creano un’unità funzionale e concettuale con l’ambiente espositivo, coinvolgendo lo spettatore in un’esperienza catartica.
Consideriamo alcune delle sue opere più spettacolari. “Three” (1990) offre al visitatore tre forme concave di notevoli dimensioni, immerse in una coloritura blu metafisica. L’osservatore è quasi trascinato all’interno di queste forme, in un viaggio di introspezione.
“Tarantara” (2000) è un’installazione ardita e gigantesca, che sfida spazio e materiali, piazza Plebiscito a Napoli ne fa da sontuoso scenario. “Cloud Gate” (2004), installata al Millennium Park di Chicago, è una straordinaria opera di acciaio inossidabile riflettente.
Ma la grandezza di Kapoor si esprime anche in opere apparentemente “astratte” come “Adam” (1990) e “Descension” (2014), che suscitano domande aperte e senza risposte, incanalando lo spettatore verso una riflessione profonda.
In definitiva, Anish Kapoor si configura come un artista che sfida le convenzioni, aprendo porte alla libera interpretazione. La sua eredità culturale e la sua creatività senza limiti lo rendono un protagonista significativo nel dialogo tra culture e nel panorama artistico contemporaneo.