Viviamo in un mondo nel quale c’è una discrepanza fra il consumismo più spietato e la passione con cui l’uomo tendenzialmente si lega agli oggetti. Tuttavia, la merce cessa di essere tale quando si decide di sbarazzarcene, annichilendo l’oggetto che perderà il suo preciso valore d’uso e di scambio finendo per diventare spazzatura.
Il passaggio tra oggetto e rifiuto non è banale se si valuta in termini psicologici, cognitivi, estetici e artistici poiché introduce effetti che vanno a colpire la sensibilità dell’animo umano.
In particolare, l’Arte è stata la prima ad aver capito molte cose. Si impossessa dei movimenti sottocutanei della società, degli slittamenti di gusto, dei cataclismi antropologici e in questo campo ha addirittura anticipato l’economia, la politica e il business ecologico.Da Petronio a Caravaggio, da Ruzante a Andy Warhol, è anche vero che il Trash è divenuto un genere, o meglio un format di grande successo e largo consumo.
La peculiarità della Trash art a livello artistico risale dai primi anni del Novecento: uno dei primi a registrare questa tendenza è il giornalista Lawrence Alloway che nel 1961 riporta una prima definizione in un articolo della rivista Architectural Design, appaiandola al concetto di Junk culture, dato che i due termini inglesi junk e trash tendono a coincidere.
La trash art è considerata una forma d’arte recente sebbene i primi esordi furono sperimentati nelle avanguardie, seguendo inusuali tecniche e mediante l’adozione di nuovi materiali, ricavati soprattutto dalla vita quotidiana, come gli objets trouvés e i ready-made.
Possiamo, in un certo senso, considerare “antenati della trash art”, artisti come Pablo Picasso, per poi passare al decennio d’oro della trash art (1960-1970) ossia la nascita di questa tendenza collegata a importanti eventi storici, politici ed economici, oltre che artistici. È il periodo delle performance, delle installazioni e degli environment che vengono realizzati da artisti come Claes Oldendurg, Arman, Otto Muehl, Jean Tinguely e Daniel Spoerri.
Questa tendenza è viva più che mai anche oggigiorno. Si prenda come esempio l’artista Michelangelo Pistoletto con l’omonima Venere degli stracci. Egli contrappone la candida bellezza formale e plastica di un calco di una statua greca a un’informe massa multicolorata di vecchi indumenti usati.
Si può dunque supporre che la trash art sia ancora in evoluzione e non smetta di suscitare interesse da parte del pubblico, dal momento che la spazzatura fa parte della vita quotidiana e che noi stessi ne siamo i principali creatori.